martedì 27 settembre 2011

'O Recano


Ancora oggi, ad un secolo e mezzo dai fatti, i nostri vecchi ricordano antiche storie di briganti.
D’un tempo in cui a sud di Roma prosperava (contrariamente a quanto raccontato nei libri di storia scritti dai conquistatori) o cresceva in civiltà e benessere uno Stato autonomo (Da Ruggiero II d’Altavilla -1095-1154 — re di Sicilia dal 1130 — a Francesco II di Borbone (1836-1894) — re delle Due Sicilie fino al 1861 —, le terre del Mezzogiorno d’Italia sono state unite nella stessa realtà statuale, ordinata sempre, tranne le brevi parentesi repubblicane del 1647-1648 e del 1799, nella forma monarchica), veramente Italiano ci giungono le gesta di un povero taglialegna costretto da un eccesso di vendetta, contro un’ingiustizia a vivere per anni latitante tra quei monti che avevano accolto il suo sudore.
Antonio ‘o recano sosteneva la sua famiglia col faticoso lavoro dei boschi, alle dipendenze di un padrone severo ed ingiusto, che più volte conteggiava ad Antonio e ai suoi compagni una quantità di legno lavorato minore di quello effettivo.
Un giorno l’imbroglio fu più evidente e maggiormente insopportabile, e dalla discussione si passò alla violenza. Così il padrone rimase ucciso e nascosto in un luogo segreto e ricoperto di felci. Tra gli immensi castagni che sembrano proteggere la strada che da Pimonte porta verso Castellammare di Stabia.
Strada ben tenuta e frequentata a quei tempi, sia perché conduceva alla prospera città dei Cantieri navali, orgoglio dei Borboni e del mondo intero, sia perché lungo quella strada, i reali si spingevano per le loro battute di caccia o per recarsi presso la Chiesa di San Michele Arcangelo in Pimonte a venerare le reliquie della Spina Santa, quando risiedevano nel loro bellissimo palazzo di Quisisana, a due, tre chilometri da Pimonte.
La moglie dell’ucciso denunciò alle forze dell’ordine quel delitto affermando che il marito le era venuto in sogno raccontandole fatti e luoghi.
Iniziò così la selvaggia latitanza di Antonio ‘o recano tra quei monti ricchi di grotte, e posti impervi. E la sua fama si diffuse in breve tempo un pò dovunque per la sua fama di imprendibile ed essendo lo stesso costretto a taglieggiare i passanti per sopravvivere.
Era un uomo forte, di quelli temprati dal durissimo lavoro dei boscaioli.
Si racconta che due baldanzosi giovani, nel recarsi a Castellammare, discutessero su cosa avrebbero fatto se avessero incontrato il bandito; uno affermava che avrebbe avuto paura e avrebbe finto di non vederlo, l’altro, invece, si vantava, forte della sua robustezza e guapperia, che lo avrebbe affrontato e malmenato.
Il brigante, che dai cespugli lungo la strada aveva ascoltato tutto, balzò improvvisamente dinanzi al giovane dicendogli: “eccomi qua, famme vedé che vvuò fa!”. Il terrore aveva immediatamente preso il posto della baldanza e ‘o recano aveva lasciato andare via il malcapitato, che si dice sia morto di spavento dopo tre giorni.
Durante uno dei suoi taglieggiamenti il brigante un giorno si era presentato dinanzi ad un nobile che percorreva quei posti, presentandosi e chiedendogli la borsa. Il signore, spaventato a morte non aveva opposto resistenza ed era invece rimasto sorpreso vedendo che dalla borsa il bandito aveva tratto solo il minimo per vivere qualche giorno.
Rivalutando un po’ la fama di animale e criminale che le autorità attribuivano a quell’uomo comunque non eccessivo nell’aggressione, aveva allora chiesto come mai ed il latitante aveva risposto che avrebbe poi trovato qualche altro per chiedere qualcosa per i giorni futuri: “dimane Ddio nce penza!.
Questo nobile offrì allora al brigante l’opportunità di costituirsi, assicurando che avrebbe fatto di tutto (mettendo una buona parola con gli amici “altolocati” che aveva) affinché ricevesse una punizione che tenesse conto di tutte le attenuanti.
Antonio ‘o recano, che non aveva creduto nel suo smascheramento per il sogno, ma sapeva di una spiata, chiese al nobile tre giorni per operare la vendetta, al che, timidamente si sentì rispondere che in quel caso non avrebbe potuto ottenere l’aiuto che si da a chi si pente.
E così continuò la usa vita da latitante.
Finchè fu catturato.
Ma dal treno che in catene lo portava al bagno penale, il bandito saltò mentre era in corsa e fattosi liberare da un fabbro continuò la sua latitanza …

Finchè le truppe di un esercito straniero, che avevano attaccato il Regno delle Due Sicilie senza una dichiarazione di guerra, a capo del massone Garibaldi, non avevano conquistato ed iniziato a deturpare il bel paese, soprattutto grazie ai tradimenti di generali massoni.
Numerosi fuoriusciti dell’esercito, desiderosi di restaurare Francesco II e disgustati dalle angherie, dai soprusi ed abusi, dei Mille e più ladroni, presero così la via dei boschi, della latitanza, e così numerosi giovani che rifiutavano la coscrizione obbligatoria, sconosciuta nella loro patri.
In quei boschi era ‘o Rre Antonio ‘o recano, esperto di quei posti ed oramai famoso e carismatico in tutti i paesi dintorno …

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